I problemi di peso non si risolvono solo focalizzandosi sul cosa e quanto mangiare, c’è una questione ancora più importante, molto spesso sottovaluta: la psicoeducazione alimentare.
Succede spesso, infatti, che i comportamenti alimentari disordinati – mangiare troppo o poco, alternare alimentazione sana e compulsiva – e sbagliati possano rappresentare problemi insiti nella mente umana. Per questa ragione andrebbero scoperti e affrontati nella loro piena consapevolezza.
Cosa vuol dire questo? La persona che si trova in una situazione difficile si focalizza solo sullo squilibrio della propria alimentazione, senza andare alla radice del problema ed entrando in un circolo vizioso.
Ecco perché è importante rivolgersi a un professionista e intraprendere un percorso di psicoeducazione alimentare.
Quali regole stanno alla base di questo percorso? Come devo comportarmi nei confronti dell’alimentazione?
Di seguito ti elenchiamo 10 regole elaborate dalla psicoterapeuta Erika Graci.
1. “Posso dire di no”
Molte persone sono poco assertive quando si tratta di tutelare la propria salute nei contesti sociali. Quello che può succedere quando siamo esposti a un contesto che insiste affinché cediamo a una tentazione culinaria si basa su tre pensieri ricorrenti:
- Sono vulnerabile;
- Mi vergogno;
- Aderisco alla richiesta degli altri.
E siccome aderire alla richiesta degli altri aumenta la probabilità che l’insistenza altrui prevalga, il senso di vulnerabilità aumenta e il circolo vizioso si auto-alimenta.
Per cui, il pensiero funzionale, innescante la condotta sana, da tenere nella situazione sopra descritta, invece, è:
- Sono libera/o di scegliere;
- Gioisco della mia libertà;
- Aderisco alla mia esigenza.
2. Il tempo è un alleato nella psicoeducazione alimentare
Il rispetto dei tempi è alla base della buona riuscita di un percorso si psicoeducazione alimentare.
Sapevi, infatti, che il senso di sazietà si raggiunge dopo 20 minuti dall’insorgenza della sensazione di fame?
Questa è una delle ragioni per cui bisogna mangiare lentamente, oltre al fatto che l’esperienza culinaria che privilegia l’attenzione focalizzata sui sapori, sulle consistenze, sulle temperature, migliora la qualità dell’esperienza alimentare favorendo il processo digestivo.
3. Psicoeducazione alimentare: mangiare sano significa prendersi cura di sé
Mangiare sano vuol dire scegliere alimenti genuini, freschi e variegati.
Ma non basta. La psicoeducazione alimentare stabilisce che per prendersi cura di sé devono entrare in gioco anche altri fattori:
- Bere acqua;
- Praticare attività fisica;
- Dormire un sonno ristoratore;
- Coltivare degli hobbies;
- Avere consapevolezza di chi siamo, come funzioniamo e perché funzioniamo così.
Il tempo per prendersi cura di sé, infatti, contempla i momenti in cui siamo a tavola, facciamo sport, pensiamo a noi stessi e alle nostre caratteristiche.
4. Il “vuoto emotivo” non esiste
Molte volte ci raccontiamo degli alibi che scientificamente non trovano fondamento alcuno.
Questi raggiri sono spiegazioni alle quali accediamo facilmente attingendo dalle informazioni che possediamo e che sono di rapido reperimento.
Queste scorciatoie di pensiero consentono di compiere ragionamenti rapidi e ottimizzare le proprie energie.
C’è un però. Poiché l’attendibilità di queste strategie cognitive («Euristiche») è il più delle volte discutibile, bisogna prestare molta attenzione ai pensieri irrealistici che ci facciamo, come quella secondo la quale mangiare modula le emozioni.
5. “Per noia” è una bugia
Quando ci annoiamo la nostra mente è attraversata da pensieri negativi, perché attribuiamo a quel momento una connotazione negativa.
La noia, però, può essere letta anche come un tempo inoperativo durante il quale poter svolgere delle attività piacevoli e funzionali al proprio benessere.
Molte persone, dunque, potrebbero riconoscere che «Siccome mi piace mangiare, quando ho del tempo libero mangio», rendendo di un tono emotivo positivo il momento in cui abbiamo deciso di impegnare mangiando, piuttosto che fare altro, deliberatamente.
6. La psicoeducazione alimentare stabilisce che si può mangiare tutto
«Non è il cibo nocivo bensì il suo abuso.» Questa massima della psicoeducazione alimentare ci dice che possiamo mangiare un po’ di tutto, senza il timore di danneggiare la nostra salute.
Dietro la credenza inversa, infatti, si cela la paura di fallire nella scelta alimentare, di sbagliare gli abbinamenti o le quantità, attribuendo la natura dannosa al cibo piuttosto che al suo uso o abuso.
Buona norma vuole, dunque, che la nostra tavola sia ricca di ingredienti che si alternano e che abbinati tra loro offrono combinazioni sempre succulente e appetitose.
7. La trasgressione nella psicoeducazione alimentare
Molte persone sono talmente rigide che escludono la possibilità di assumere dei cibi fuori dall’ordinario.
Questa negazione rende i cibi tabù ancora più desiderabili, innescando un circolo vizioso fatto di ingiuste privazioni e sofferenza.
Conoscere strategie di compensazione è il rimedio a tanta severità, poiché avere la possibilità di trasgredire sul piano nutrizionale e saper compensare è sintomo di un rapporto sano con il cibo e con sè stesso.
8. Il cibo nutre ma non ristora
Confondere la stanchezza con la fame è molto consueto. Per questo la frase «Quando torno a casa sono così stanca che ho bisogno di mangiare qualcosa» è pensata e pronunciata senza alcuna riflessione sul reale senso letterale.
Se ci fermiamo a riflettere, infatti, possiamo renderci conto che la stanchezza si compensa con il riposo, come la fame con la nutrizione, e che, di conseguenza, tornare a casa affamati cela ben altro che il mero stato di affaticamento.
9. Quando si mangia, si mangia
I disordini alimentari potrebbero contemplare anche la categoria dei disordini durante i pasti.
Chi non riconosce al momento del pasto il valore del rendersi una pausa, concedersi un‘attenzione, apprezzare il cibo, consumato in maniera robotica ha la tendenza a compiere determinate azioni:
- Cibi consumati in piedi;
- Etti di prosciutto divorati direttamente dall’involucro che li contiene;
- Ceci assunti dal barattolo di latta in cui galleggiano;
- Tavole mai imbandite;
- Divani macchiati di sugo;
- Tastiere del pc piene di briciole;
- Automobili con sedili macchiati di olio.
10. Saltare i pasti fa male
Molte persone credono che il metabolismo subisca un brutto arresto a partire da una certa età anagrafica e ignorano che saltare i pasti possa avere una responsabilità maggiore sul funzionamento dei processi metabolici.
Ecco che quindi si ricorre a euristiche per giustificare i pasti saltati, negando a sè stessi il danno che si stanno recando.
Per questa ragione, nei periodi critici in cui la disregolazione emotiva può indurre a trovare spiegazioni naïve al proprio funzionamento metabolico, è bene soffermarsi e analizzare con consapevolezza e onestà quello che sta succedendo alle proprie condotte alimentari.
Tu segui queste semplici, ma fondamentali regole? Discutiamone insieme nei commenti.
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